Commissionato dalla European Sustainable Tropical Timber Coalition (STTC), il rapporto ‘Europe’s sourcing of verified tropical timber and its impact on forests: what next?’ si basa su analisi condotte nel 2019 e nel 2020, in cui sono state verificate le importazioni europee di legname tropicale certificato per prodotti di prima (tronchi, compensati, impiallacciature e segati) e seconda trasformazione (finestre, porte, modanature). Per verificare e monitorare i volumi di legno tropicale importato è stato utilizzato un metodo che si affida alla cosiddetta “esposizione”: si tratta di un'analisi di base dei dati forestali e commerciali, in cui viene considerata la quota di foreste certificate rispetto alla superficie forestale totale del Paese esportatore. Tale quota viene poi confrontata con i dati sulle esportazioni del Paese stesso e include quindi solo le importazioni dirette.

Per quanto riguarda l’Unione Europea a 27 + Regno Unito, nel 2020 sono state importate direttamente dai Paesi produttori ITTO un totale di 1.269.400 tonnellate di legno tropicale; si stima che di queste, 359.000–526.000 tonnellate rechino certificazione di gestione forestale responsabile. A questo proposito, i Paesi Bassi rimangono il maggior importatore di prodotti in legno tropicale di prima e seconda trasformazione con certificazione, seguiti da Belgio, Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Spagna. L'Indonesia è di gran lunga il maggiore fornitore (32%), seguita dal Gabon (22%) e dalla Malesia (17%). Il Gabon in particolare si attesta come il più grande fornitore africano di legname tropicale con certificazione.

Circa il 78% delle importazioni di prodotti in legno tropicale prese in esame sono esposte a certificazione FSC, mentre un ulteriore 7% è esposto con doppia certificazione.

L’Italia è il 4° maggiore importatore europeo di legno tropicale per quanto riguarda i prodotti di prima trasformazione e il 6° per quelli di seconda, per un totale di 105,300 tonnellate (dato 2020) e una crescita delle importazioni del 6,8% nel periodo 2019-2020: la percentuale di materiale esposto a certificazione per entrambe le classi (soprattutto tronchi, compensati, impiallacciature e segati) si attesta purtroppo attorno al 5%–12.5%, ben al di sotto della media di tutti i Paesi presi in esame (31%–36%), e corrisponde a circa il 2,2% della quota di materiale di origine tropicale esposto a certificazione importato nel mercato continentale.

I risultati più importanti di questa ricerca riguardano i volumi e la verifica dell’origine sostenibile del materiale: da un parte infatti, i numeri dicono che le importazioni di legname tropicale sono diminuite. Nei mercati europeo e inglese l’impiego di legno tropicale è ancora stabile nonostante la disponibilità in calo; i livelli sono ancora significativamente inferiori rispetto al 2009, ma la domanda di legno tropicale è tornata a crescere e da più parti è atteso un rimbalzo a numeri pre-Covid.

La percentuale di materia prima con esposizione a certificazione di gestione forestale sostenibile è invece aumentata, e tocca ormai quasi il 50% del venduto. Se Vecchio Continente e Regno Unito arrivassero al 100%, il potenziale impatto positivo - si legge - potrebbe interessare fino a 16 milioni di ettari di foreste semi-naturali e naturali - un’area simile per estensione all’Uruguay. Questo fattore deve fare necessariamente i conti però con i tassi di deforestazione dovuti al consumo locale, che sarebbero molto più alti di quelli attribuiti al commercio internazionale: ciò spiega in parte perché misure sul lato della domanda come l’EUTR e il Lacey Act statunitense abbiano avuto finora un impatto limitato.